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Il mio blog di fotografia e altro

ARTE MIMETICA

C'è bisogno dell'Arte?

Parto da una domanda: c'è bisogno di “Arte” oggi, in Italia?

Mi vien da dire che dell'arte ha bisogno solo chi la fa, per vivere, per sopravvivere.

Infatti, data la piega che ha preso il “sistema dell'arte” (e non solo in Italia), questa serve solo per far soldi. Il pubblico è solo la massa d'urto che “gonfia” ciò che si produce, spesso incapace di giudicare (o apprezzare) ciò che vede. Capace solo di farsi “follower”. È una cassa di risonanza preziosa che moltiplica e diffonde solo banalità e asservimento al vincente di turno. In un sistema che ha reso merce anche valori “non negoziabili” e ha fatto del mondo un enorme mercato in cui tutto si può vendere e acquistare attraverso un dito e una carta di credito, il fare arte non sfugge a questa regola. Il pubblico può essere solo digitale, binario: “mi piace” o “non mi piace”. Nient'altro si riesce a cavar fuori dal pubblico in uscita dal cinema, da una mostra o dalla Biennale. Non una critica, non un ragionamento originale e interessante, al più frasette smozzicate e raffazzonate desunte dalla comunicazione degli uffici stampa.

Allora, dato che – come dicevo prima – l'arte “serve” solo a chi la fa, gli artisti dovrebbero iniziare a vendere cara la pelle. Intendo che dovrebbero mimetizzarsi, uscire dal paradigma della notorietà, del successo e del denaro, applicare la loro arte in qualsiasi cosa facciano. Un'arte “mimetica” (non nel significato di “imitazione” quanto di “nascondimento”), intendo: polpette avvelenate dentro opere apparentemente allineante, che lo spettatore è poi chiamato a decodificare. Mi viene in mente, tra tanti, Carlo Crivelli che, all'interno di un quadro magnifico di una Madonna con Bambino, dipinge una mosca (simbolo di morte e del demonio) incredibilmente realistica, come fosse effettivamente poggiata su una balaustra. Crivelli era perfettamente consapevole della rivoluzione che il Rinascimento stava apportando, e non era d'accordo, non apprezzava. I suoi modi per dichiararlo erano diversi: in una tavola a fondo d'oro costruiva una prospettiva impossibile che neanche Escher; su un cielo terso faceva gettare l'ombra di un festone di frutta che neanche Magritte...

Era il suo modo segreto per raccontare (e avere commesse), ma anche per criticare e instillare il dubbio nello spettatore. Era una pratica ben nota agli Alchimisti, di cui si è persa traccia. Oggi, al più, si dissemina un'opera di immagini subliminali, ma sempre e comunque a favore del potere.

Come uscirne? Credo che si debba lavorare di più sull'arte applicata, sui prodotti di fruizione quotidiana, con un'occhio sempre attento agli interessi della comunità e degli individui che la compongono. L' “arte applicata”: questa sorella minore delle “Arti” costituisce oggi il veicolo più efficace per scardinare un modello che ci ha portato ignoranza e subalternità. Basti pensare all'Intelligenza Artificiale (sì, è il mio chiodo fisso, ora) che sforna prodotti esteticamente accettati, se non osannati, dai più: foto e illustrazioni con composizioni, ambientazioni, luci e ombre perfette: perfettamente, cioè, rispondenti a quel che una massa di persone ha detto all'algoritmo che possono piacere. Niente di più, non un sussulto di genialità, non una critica originale, non un elemento che possa muovere processi complessi: solo accettazione, solo ammirazione, solo sudditanza verso ciò che la tecnica (che oggi comanda davvero, più dell'economia) può fare, solo uno squallido, patetico e orgoglioso senso di appartenenza alla specie umana che è “capace di tutto questo”. È questa la nuova divinità che si è sostituita alla precedente: un Moloch (il Corruttore) che tutto sa di noi, che ci comprende, ci rassicura, che può darci quelle risposte che ci son volute le vite di generazioni solo per formularle.

A tutto questo non si può sottostare: gli artisti dovrebbero nascondersi, dovrebbero condurre vite francescane, dovrebbero cospargere le loro tele di chiodi (mi viene in mente il ferro da stiro con i chiodi di Man Ray), dovrebbero lavorare per la Comunità anche e soprattutto in opere minori, e sempre con questo spirito di servizio. Perché hanno avuto in dono un talento che devono far fruttare a beneficio di tutti. Mi viene agli occhi un'immagine: un bravo meccanico che si prende cura della tua auto come fosse la sua: qualcuno che mette a disposizione di un altro il suo talento.

Impagabile, una vera Arte.

Dovremmo poter percepire arte nelle posate che usiamo per nutrirci, nella tovaglia che mettiamo in tavola, nel blocco notes su cui scriviamo, nell'automobile che guidiamo, in un pannello decorativo... Ma non in modo sfacciato, urlato e costoso, ma modestamente, come un sottofondo quotidiano. Solo così “la bellezza salverà il mondo”: un po' alla volta, quando neanche ce ne accorgiamo; ma il nostro sguardo cambierà, giorno dopo giorno.